Ci sono luoghi che non hanno bisogno di urlare per farsi notare. Cisternino è uno di questi. Nascosto tra le colline della Valle d’Itria, si presenta con la semplicità disarmante delle cose autentiche: vicoli candidi, angoli improvvisamente poetici, panorami che ti strappano un sorriso senza preavviso.

Ma attenzione: non farti ingannare dalla sua calma apparente. Cisternino è un piccolo teatro urbano, dove ogni dettaglio ha una parte in scena. Un posto dove le altalene penzolano tra i palazzi, i cappelli fluttuano in aria e le parole si scrivono sui muri, come in una sceneggiatura collettiva.

L’inizio di un viaggio (senza mappa)

La porta d’ingresso ideale è il giardino pubblico di Piazza Garibaldi, anche noto come Villa Comunale. Ma qui più che una villa, troverai un balcone affacciato su un mare di ulivi e trulli, una distesa ondulata di bellezza che ti ricorda in un attimo perché la Puglia sa farsi amare così facilmente.

Da questo punto panoramico si intuisce già molto del carattere di Cisternino: lento, orgoglioso, scenografico, ma mai sopra le righe.

Attraversata la strada, ecco comparire la Chiesa Madre di San Nicola, sobria ed elegante. Durante il mio passaggio, il paese aveva appena ospitato il Festival Internazionale delle Bande Musicali, e il palco tondo davanti alla chiesa sembrava voler restare lì ancora un po’, come a dire: “Guarda quanto siamo bravi a mescolare tradizione e spettacolo”.

Al fianco, svetta la Torre Civica, detta anche Normanno-Sveva. Non aspettarti effetti speciali: è una torre semplice, squadrata, con mille anni di storie incastonate nelle pietre. Eppure, ha un fascino tutto suo. Forse perché, in un borgo così raccolto, ogni elemento sembra dialogare con tutto il resto.

Dove il tempo si ferma (ma non è noioso)

Basta infilarsi in Via Basiliani, pavimentata in pietra chiara, per scivolare nel cuore pulsante di Cisternino: Piazza Vittorio Emanuele, conosciuta anche come Piazza dell’Orologio. Qui succede tutto e niente. Gente seduta al bar, anziani che parlano piano, voci di bambini che rimbalzano tra le case. La Torre dell’Orologio, del 1850, scandisce un tempo che sembra esistere solo qui: quello della pausa, dell’osservazione, della vita che si prende il suo spazio.

Lasciata la piazza alle spalle, ci si addentra in Via Santa Lucia: uno di quei vicoli che non puoi fotografare abbastanza. Case bianche con scale esterne, porte che sembrano dipinte a mano, piante che sbucano dove meno te l’aspetti. E poi, all’improvviso, Porta Piccenne, una piccola apertura nel cuore del borgo che separa – simbolicamente e geograficamente – la parte antica da quella più nuova.

La magia nei dettagli

Se c’è una cosa che Cisternino fa meglio di tutti, è trasformare l’ordinario in straordinario. Qui le altalene sono appese tra i muri delle case, non nei parchi. Gli innaffiatoi diventano sculture colorate, i cappelli fluttuano nel vuoto e i messaggi scritti sui muri ti sorprendono con riflessioni semplici e profonde.

Non cercare un percorso per vederli tutti: lasciati guidare dal caso, segui ciò che ti incuriosisce. Perché a Cisternino, la direzione giusta è sempre quella che ti fa rallentare.

È un’arte sottile, questa. Quella di rendere l’intero borgo un’installazione vivente. Senza filtri, senza sponsor. Solo un grande desiderio di condividere bellezza.

Come arrivare, dove fermarsi, dove mangiare

Arrivare a Cisternino è piuttosto facile. Se ti muovi in auto, puoi scegliere tra le provinciali SP 8, 9, 11, 13, 16 e 17. Se vieni da Alberobello, segui la SP 11 passando per la SS 172: un percorso pieno di scorci bucolici.

Per parcheggiare, Via Martina Franca è una soluzione comoda. Posti auto a pagamento, tutto a pochi minuti dal centro. Lasciata l’auto, ti bastano quattro passi per ritrovarti alla Villa Comunale, e da lì parte l’incantesimo.

E se ti viene fame? Io ho fatto tappa da Le Tre Lanterne, proprio in Piazza Vittorio Emanuele. Piatti di carne ben cucinati, atmosfera rilassata, prezzi onesti (circa 24 euro a persona). Certo, le recensioni online sono un po’ altalenanti, ma nel mio caso tutto è andato liscio.

Più che un borgo, un modo di vivere

Cisternino è uno di quei posti che non puntano tutto su una grande attrazione. Non ha un Duomo imponente o un museo famoso, ma ha qualcosa di più raro: un’identità chiara, viva, condivisa.

È un borgo che non si guarda, si ascolta. Un posto che ti racconta la sua storia nei dettagli più piccoli. Che ti invita a vivere con più calma, a trovare poesia dove non pensavi ce ne fosse.

E quando te ne vai, qualcosa resta. Una frase letta per caso, una luce filtrata tra i balconi, un senso di leggerezza che ti segue per giorni.