La prima volta che ho visto Neive è stato da lontano. Una collina, i filari che la avvolgono come un disegno geometrico e, in cima, un nucleo compatto di case color mattone, una torre che spunta tra i tetti, il campanile che segna il tempo.
Già dalla strada hai la sensazione di avvicinarti a un posto raccolto, quasi introverso, ma pronto a raccontarti molto se gli lasci il tempo.
Se ami il vino, i borghi piccoli in cui si sente ancora l’odore della legna nei camini e ti piace perderti nei vicoli, Neive è uno di quei luoghi che dovresti segnarti. Il centro storico, inserito tra i borghi più belli d’Italia, conserva l’impianto medievale: salite, discese, curve improvvise che aprono all’improvviso uno scorcio sui vigneti delle Langhe.
In un paio d’ore puoi attraversare tutto il borgo. Se decidi di aggiungere una degustazione di vini o una sosta nei paesi vicini, la giornata vola via senza che tu te ne accorga.
Cosa tratteremo
Dove si trova Neive: una collina nel mare di vigneti
Neive è un piccolo comune in provincia di Cuneo, in Piemonte, non lontano dal confine con la provincia di Asti. Siamo nel territorio delle Langhe, quello delle colline morbide e dei filari di vite che cambiano colore a seconda della stagione: il verde giovane della primavera, il pieno dell’estate, il giallo-arancio dell’autunno che sembra dipinto a mano.
Il borgo storico si arrampica sulla sommità di una collina, a 308 metri sul livello del mare. Quando arrivi su, se ti fermi un attimo in silenzio, senti il rumore distante di un trattore tra i filari, il vociare ovattato che esce dai bar e il rintocco misurato della Torre dell’Orologio.
Come ti muovi a Neive: un piccolo anello a piedi
L’itinerario per scoprire Neive è un percorso a piedi che si chiude da solo, quasi come se fosse stato pensato apposta per chi ama camminare senza mappe in mano.
Si entra da una porta, si incontrano palazzi nobiliari e cappelle, si sale verso la torre, si incrociano chiese e piazze, e si torna a lambire le mura.
Ti capiterà spesso di fermarti per guardare i dettagli dei portoni, le ringhiere in ferro, le pietre consunte dai secoli; e, ogni tanto, di buttare uno sguardo oltre un muretto per ritrovarti le Langhe sotto di te, distese in silenzio.
Porta San Rocco: il primo passo dentro il borgo
Arrivando dalla zona di Alba, il primo incontro con Neive è spesso porta San Rocco. È l’accesso meridionale al borgo, uno dei due ingressi originari.
Niente monumentalità esagerata: un arco a tutto sesto in mattoni, aperto nelle mura. Eppure, appena lo attraversi, la percezione cambia.
Fuori c’è la strada, qualche macchina, i campi. Dentro iniziano i rumori diversi: i passi sul selciato, il vociare che rimbalza tra le facciate, il profumo di sugo che esce da una cucina al piano terra. Ti rendi subito conto che qui lo spazio è più stretto, ma la storia è più densa.
La cappella di San Rocco: fede, paura e pestilenze
Prima ancora di entrare davvero nel borgo, vale la pena fermarsi alla cappella di San Rocco, poco fuori dal centro storico.
È una piccola chiesa cinquecentesca con un portico quadrangolare, qualche scalino che la rialza dalla strada e una pianta quadrata. Nel 1783 viene ristrutturata dall’architetto locale Giovanni Antonio Borgese, ma la parte centrale rimane quella originale.
Questa non è una chiesa qualunque: è figlia di un’epoca in cui la parola “peste” faceva paura sul serio. San Rocco, protettore contro le pestilenze, era il santo a cui ci si aggrappava con la speranza di scampare all’ennesima ondata.
Ti basta immaginare una fila di contadini, cappello in mano, fermarsi qui prima di attraversare le mura per capire il significato profondo di questo piccolo edificio.
Palazzo dei conti Bongioanni Cocito: il barocco che ti guarda dall’alto
Appena superata porta San Rocco, ti viene incontro il palazzo dei conti Bongioanni Cocito. È lui che ti dà il “benvenuto” scenografico.
Se ti fermi esattamente sotto l’arco della porta e guardi in su, vedi il palazzo incorniciato come in una fotografia: linee verticali, cornicioni curati, un’eleganza che parla subito di Settecento.
Considerato il palazzo barocco più raffinato del borgo, nasce nella seconda metà del XVIII secolo e porta la firma dell’architetto Borgese.
Dentro conserva sale in stile rococò, ma anche solo l’esterno, con il suo gioco di pieni e vuoti, basta a raccontarti il gusto dei nobili che abitavano questo piccolo centro in collina.
Palazzo dei conti di Castelborgo: il castello che profuma di Nebbiolo
Proseguendo lungo i vicoli ti ritrovi davanti al palazzo dei conti di Castelborgo, che tutti, più semplicemente, chiamano castello di Neive.
Non aspettarti un castello da fiaba con torri e merli. Qui il fascino è più discreto: un grande edificio settecentesco che ingloba costruzioni precedenti, ambienti di rappresentanza barocchi, saloni affrescati e una cappella privata.
La cosa interessante è che oggi questo palazzo ospita un’azienda vinicola e che il legame fra queste mura e il vino non è affatto recente.
Già nell’Ottocento, nelle cantine del castello, si sperimentavano le prime vinificazioni di Nebbiolo da cui nascerà l’identità dell’attuale Barbaresco.
Se ti fermi un momento davanti alle inferriate delle finestre o vicino ai portoni, spesso ti arriva un leggero odore di mosto, quasi a confermare quello che hai appena letto nelle guide.
La chiesa del palazzo: una cappella nascosta nella facciata
Guardando con un po’ di attenzione la facciata del palazzo che affaccia sulla via principale, noterai una piccola chiesa privata: la chiesa del palazzo di Castelborgo.
È intonacata in giallo chiaro, con due lesene che reggono un timpano triangolare e un portone incorniciato da una decorazione ampia. Sopra, una finestra permette alla luce di entrare all’interno.
Quello che colpisce è il modo in cui la cappella si “mimetizza” nel palazzo, quasi fosse una stanza in più: non un edificio staccato, ma un’appendice del mondo nobiliare, una fede che non esce dal cortile di casa.
Il giardino dei conti: il ricetto che diventa progetto
Proseguendo per i vicoli, a un certo punto ti appare davanti un grande portale con un cancello in ferro e due enormi finestroni laterali: è l’ingresso al giardino dei conti di Castelborgo.
Anche questo spazio è firmato da Borgese, che lo utilizza addirittura come progetto di tesi.
Il portale è scandito da colonne di mattoni che si ripetono negli angoli delle mura. Se ti affacci, vedi un cortile raccolto e le mura del vecchio ricetto medievale, quello spazio protetto dove, in caso di pericolo, i contadini portavano animali e provviste.
È una di quelle viste che, con un solo sguardo, ti fa passare dal Medioevo alla nobiltà settecentesca.
Casa dell’Orologio: il primo municipio che guarda la piazza
Poco più avanti ti aspetta la casa dell’Orologio, che un tempo è stato il primo palazzo comunale di Neive.
Quello che vedi oggi è un rifacimento della seconda metà del Settecento, con uno stile rococò evidente nella facciata. Le parti laterali sono più basse, mentre la zona centrale si alza in un timpano che ospita l’orologio comunale e lo stemma della città.
Sotto, un portico con archi regolari segna il pianterreno. È facile immaginare, in un giorno di pioggia, le persone raccolte qui sotto a chiacchierare, a ripararsi, a guardare il passaggio di chi entra e di chi esce dal borgo.
Palazzo Borgese – Municipio di Neive: il comune e le sue cantine
Di fronte alla casa dell’Orologio trovi il palazzo Borgese, oggi sede del municipio. È un edificio settecentesco, tutto in mattoni, con una forma lineare che nasconde piccoli dettagli: al piano terra le porte sono tutte uguali nella forma, ma diverse nelle dimensioni; al piano superiore l’ordine diventa più regolare.
La vera sorpresa, però, non è nella facciata. È nelle cantine, dove ha sede la Bottega dei Quattro Vini di Neive. Per raggiungerla devi scendere lungo la stradina che costeggia il palazzo: in pochi passi passi dai corridoi amministrativi a un luogo dove il vino torna protagonista.
Bottega dei Quattro Vini: dove Neive si racconta in un bicchiere
La cantina del municipio è uno di quei posti che, se ami il vino, dovresti segnarti.
Nel 1983 un gruppo di vignaioli locali fonda la Bottega dei Quattro Vini per presentare le specialità del territorio in modo condiviso. Oggi riunisce oltre 30 produttori e offre la possibilità di degustare e acquistare quattro nomi che, da queste parti, sono quasi una carta d’identità: Dolcetto, Moscato, Barbaresco e Barbera.
Sedersi qui, magari dopo aver camminato per tutto il borgo, è un po’ come mettere un punto alla frase: hai visto i palazzi delle famiglie che hanno scritto la storia del posto, ora puoi assaggiarne la versione liquida.
Torre dell’Orologio e casaforte di Neive: il borgo che si difendeva
Salendo ancora verso la parte alta del paese, la sagoma che domina è quella della Torre dell’Orologio. Risale al 1224, quando faceva parte dell’antico castello di Pian Castello, costruito dagli Astigiani.
Il castello è stato lesionato e poi scomparso, ma la torre è rimasta, modificata più volte. Ogni ricostruzione ha aggiunto un po’ di altezza, fino alla forma che vedi oggi.
Su uno dei lati, oltre al quadrante moderno, si nota una lapide funeraria romana dedicata a Valeria Terza dal marito Caio Elio. Un pezzetto di Roma incastrato in un muro medievale, come se il tempo qui non avesse mai buttato via niente.
Accanto alla torre si allinea la casaforte di Neive, o casa Cotto.
È una costruzione massiccia, inizi Duecento, nata per ospitare una ricca famiglia di banchieri. Dentro, sopravvivono soffitti storici e caminetti antichi; all’ingresso sono stati ritrovati mattoni di epoca romana reimpiegati.
Questa casa non è solo architettura: è anche scrittura. Qui il vicario Francesco Cotti ha redatto il più antico testo piemontese sulla coltivazione della vite e sulla produzione del vino.
Sulla facciata, poi, c’è un dettaglio che sorprende: una palla di cannone, sparata durante la battaglia risorgimentale di San Martino e lasciata lì con una dedica per la grazia ricevuta. Non è un museo, è la parete di una casa che ha visto passare la storia.
Chiesa di San Michele (chiesa ortodossa): mattoni, cupola e una statua portata in processione
Proseguendo, la tua attenzione verrà catturata dalla facciata della chiesa di San Michele, oggi sede del culto ortodosso.
Le forme barocche sono frutto di un progetto settecentesco ancora una volta legato al nome di Borgese, come conferma un coppo trovato sul tetto.
La facciata è in mattoni a vista, e si chiude verso l’alto con la cupola e il campanile. L’interno è a navata unica, con una cupola centrale alta, pannelli scolpiti nel portale in legno, un organo rinascimentale e un quadro settecentesco che rappresenta San Michele.
In chiesa è conservata anche una statua lignea policroma di Michele Arcangelo, realizzata nel Settecento. Ogni anno viene portata in processione per le vie di Neive: una scena che, a detta di chi la vive, è ancora oggi uno dei momenti più sentiti dall’intera comunità.
Chiesa dei Santi Pietro e Paolo: una facciata pastello e un interno che profuma di devozione
Se ti sposti verso un altro lato del borgo, incontrerai la chiesa dei Santi Pietro e Paolo, più larga e distesa rispetto a San Michele.
Le sue origini sono antiche (XII secolo), anche se la forma attuale è il risultato di ricostruzioni settecentesche e modifiche ottocentesche.
La facciata, in colori pastello, è divisa in due ordini da una cornice marcapiano. In basso ci sono tre aperture, in alto tre nicchie con statue, e in sommità la croce in ferro.
All’interno ti aspettano diverse opere del XVIII secolo, tra cui le statue processionali di San Michele e della Madonna del Rosario. Nell’abside spicca una pala con San Pietro e Sant’Ubaldo tra un coro in legno intarsiato.
Altare e statua della Madonna del Rosario risalgono al Seicento: dettagli che emergono se ti fermi a osservare con calma, magari seduto qualche minuto in silenzio.
Portale e cappella di San Sebastiano: l’altro ingresso e un’altra paura
Sul lato opposto rispetto a porta San Rocco, l’accesso settentrionale al borgo è segnato dal portale di San Sebastiano.
Ancora una volta un arco a tutto sesto in mattoni, addossato a un edificio e collegato alle mura. Qui passava chi arrivava da nord, tra colline e strade che oggi portano ad altri paesi delle Langhe.
Davanti al portale, al piano strada, si trova la cappella di San Sebastiano.
Le sue origini sono quattrocentesche, ma l’aspetto attuale è frutto di una ricostruzione settecentesca. Due colonne quadrate reggono il portico, mentre sul retro si alza il campanile.
Come la cappella di San Rocco, anche questa nasce in un’epoca in cui la peste era una presenza reale, non un ricordo di scuola. San Sebastiano veniva invocato come protettore, e la cappella è un pezzo di quella devozione, silenziosa ma tenace.
La Big Bench di Neive: sedersi gigante tra i filari
Uscendo dal centro storico, prendendo una delle strade che si allontanano dalle mura, puoi raggiungere la Big Bench di Neive.
È una delle famose panchine giganti nate per valorizzare il paesaggio delle Langhe, parte di un progetto che da anni invita a guardare le colline da una prospettiva diversa.
La panchina è appoggiata tra i vigneti. Quando ti arrampichi sopra (sì, bisogna letteralmente salire), ti ritrovi seduto come un bambino, con i piedi che non toccano terra e gli occhi all’altezza delle chiome delle viti.
È un momento semplice, ma che restituisce, senza troppi discorsi, il senso di questo territorio: l’uomo e il paesaggio che si misurano alla stessa altezza.
Cappella Riccardi Candiani: un piccolo scrigno nel cimitero
Restando fuori dal centro, ma cambiando completamente atmosfera, c’è la cappella Riccardi Candiani, all’interno del cimitero di Neive.
È una cappella cimiteriale in stile neogotico, costruita all’inizio del Novecento, con struttura in mattoni e fregi in cotto realizzati dallo scultore torinese Carlo Biscarra.
Dentro, tre grandi affreschi a tempera del pittore Cesare Ferro Milone raffigurano la Crocifissione, l’Adorazione dei Magi e il Noli me tangere, affiancati dalla scena della Deposizione.
È un luogo meno frequentato dai visitatori, ma se ti piace l’arte sacra del Novecento, merita una deviazione: qui, persino il silenzio del cimitero sembra avere un suo colore.
Palazzo dei conti Cocito: nobiltà, politica e una piazza “nuova”
Rientrando verso il cuore del borgo ti ritrovi davanti al palazzo dei conti Cocito.
Nasce come casaforte quattrocentesca e viene trasformato in epoca barocca. I Cocito sono la famiglia nobiliare più antica di Neive e il loro peso si sente: dal Cinquecento in poi, dodici sindaci della città appartengono a questo casato; altri membri ricoprono incarichi alla corte dei Savoia.
Il palazzo si affaccia sulla piazza Cocito, realizzata all’inizio del Novecento demolendo parti delle mura e alcune strutture del vecchio ricetto.
Oggi è uno degli spazi più aperti del centro, un piccolo “respiro” tra le case, dove la gente si ferma a parlare e i bambini giocano nei pomeriggi di sole.
Palazzo dei conti Demaria: un parco nascosto e un’eredità generosa
Quasi a chiudere il cerchio, vicino a porta San Rocco, sorge il palazzo dei conti Demaria, edificio cinquecentesco rimaneggiato nel secolo seguente.
Dietro la facciata in mattoni, il palazzo nasconde un parco interno con grandi alberi, racchiuso da due cinte di mura. È uno di quegli spazi che non vedi se non sai che esiste, ma che aggiunge un livello in più all’immagine del borgo.
L’ultima discendente della famiglia, la contessa Paolina Demaria, decide di lasciare tutto al comune di Neive, chiedendo che i beni siano utilizzati per opere di bene.
È una di quelle storie che ti restano appuntate in un angolo della memoria: non è solo una facciata elegante, è la casa di qualcuno che ha scelto di restituire al paese quello che aveva ricevuto.![]()
Dove dormire a Neive: notti tranquille tra tetti e filari
Se ti fermi nelle Langhe per più giorni, Neive può diventare una base ideale.
Il borgo offre piccoli hotel, affittacamere e bed and breakfast che spesso regalano viste sui tetti, sulle vigne o su entrambi. La sera, quando i visitatori di passaggio se ne vanno, restano le luci calde delle finestre, le chiacchiere davanti ai ristoranti, qualcuno che torna a casa con il cane al guinzaglio.
Dormire qui significa vivere il borgo anche negli orari in cui si svuota: la mattina presto, quando senti solo il rumore di tazze nei bar e il profumo dei cornetti, o la sera tardi, quando la Torre dell’Orologio segna un’ora che il giorno in città non ti concedi mai.
Se invece sei in un giro più ampio delle Langhe, potresti scegliere una posizione un po’ più a sud, per essere “equidistante” da altri borghi. La zona di Treiso è una buona alternativa, con agriturismi immersi nel verde.
Un’altra scelta è Alba, più grande, con più servizi, ma comunque vicina a Neive e agli altri paesi del vino.
I borghi vicini: quando ti viene voglia di allungare il giro
Se sei a Neive, probabilmente non ti limiterai a questo. Le Langhe sono piene di borghi che si visitano in poche ore e si ricordano per anni.
Da segnare:
Barbaresco, legato al vino omonimo, con la torre che domina i vigneti;
La Morra, con uno dei belvedere più fotografati della zona;
Barolo, dove il vino è quasi un personaggio in più del paese;
Monforte d’Alba, arrampicato su una collina con vicoli stretti e scorci improvvisi;
la stessa Alba, più grande, ma con un centro storico che merita un giro calmo tra chiese, portici e botteghe.
Neive può essere quella tappa che fai all’inizio, per entrare nel ritmo delle Langhe, o quella che ti concedi alla fine, quando hai già accumulato vini, nomi e panorami e hai voglia di un borgo che si racconta a bassa voce.
Un ultimo sguardo, prima di andare via
Prima di lasciare Neive, prova a fare una cosa semplice: torna un attimo verso la Torre dell’Orologio, voltati e guarda giù.
Vedrai i tetti in mattoni, i cortili nascosti, i portali che hai attraversato, e oltre, le colline che proseguono senza fretta.
Ti accorgerai che questo borgo non è solo una somma di palazzi e chiese, ma un intreccio di vite, vigne e storie.
E forse, mentre torni alla macchina o ti rimetti in cammino, ti verrà spontaneo pensare: “Qui, un giorno, ci torno. Magari in un’altra stagione, con una luce diversa, per vedere se Neive mi racconta qualcosa di nuovo.”